Il primo disco di De Gregori che ho aspettato con ansia di avere tra le mani si chiamava così. Amore nel pomeriggio. I mesi precedenti all’uscita dell’album – era il 2001 – erano passati con una raccolta, divorata – una specie di compendio; gli indispensabili, secondo chi, poi, non si sa – e delle cassette che deve averle inghiottite il trasloco. Avevo sedici anni, e per questo mi sembrò giusto fare di Natale di seconda mano la mia politica, di Caldo e scuro la mia poetica, di Sempre e per sempre il mio credo.
Oggi sono incappata per caso in questo. E scopro che i primi amori non scompaiono mai: almeno questo, sì, era vero. De Gregori non ho smesso di ascoltarlo. Curiosamente, o forse no, nella mia playlist c’è altro, cose molto diverse. E allora, se avete un po’ di tempo, o voglia, provo a fare una lista breve dei miei indispensabili, in ordine sparso.
I matti, per credere, per volare, per smettere, e per gli stessi motivi, Pilota di guerra
Il ’56, per le sedie che servono quando non riesci a vedere
Santa Lucia, perchè adesso è chiarissimo cosa volesse dire
Compagni di viaggio o Non dirle che non è così se riuscite ancora sopportarle
Caterina, per vivere
La storia siamo noi, anche questa per vivere