Un giorno, in classe, a Torino, si parlava di donne e scrittura. E il nostro insegnante ci ha fatto il nome di Jhumpa Lahiri. Poco dopo, è stato più o meno quattro anni fa, ho comprato e letto Una nuova terra e L’interprete dei malanni. Mi sono piaciuti molto. Ma una storia, più delle altre, riesce a tenersi a galla tra le tante lette (di cui si sono sbiaditi praticamente tutti i dettagli, lasciando però sempre incredibilmente intatto il mondo narrativo che le tiene insieme).
Stasera è la sera giusta, per me, per le riletture. E insieme a Hemingway, Yoshimoto, Pavese, Benedetti e tutti gli altri che tengo impilati sul comodino a rischio crollo, c’è un racconto che è in cima alla lista (e anche in cima alla pila). E si chiama Disagio temporaneo.
E’ il primo racconto di questa raccolta. E comincia così: “L’avviso precisava che si sarebbe trattato di un disagio temporaneo: nei cinque giorni successivi avrebbero sospeso la corrente per un’ora, a partire dalle otto di sera. Era caduta una linea elettrica durante l’ultima tormenta, i tecnici avrebbero approfittato delle serate più miti per rimetterla in sesto. I lavori avrebbero coinvolto soltanto le case della tranquilla strada alberata, a un passo dai negozi e dalla fermata del tram, dove Shoba e Shukumar abitavano da tre anni”.
La fine però non ve la dico. Vi dico solo che è bellissimo. E che forse è meglio evitiate di leggerlo, se siete felicemente innamorati.